
Due italiani detenuti nel controverso “Alligator Alcatraz”
ROMA – Due cittadini italiani, Fernando Eduardo Artese e Gaetano Cateno Mirabella Costa, sono attualmente detenuti nel centro per migranti noto come ‘Alligator Alcatraz’ in Florida. La notizia, riportata dal Corriere e confermata dalla Farnesina, ha sollevato un acceso dibattito sui diritti umani e sulle politiche di detenzione negli Stati Uniti.
Cateno Mirabella Costa, 45 anni, è stato arrestato il 3 gennaio 2025 per detenzione di sostanze stupefacenti e aggressione nei confronti di una persona anziana. Dopo un procedimento giudiziario che si è concluso il 7 maggio con una condanna a sei mesi, la sua situazione si è aggravata con la disposizione di deportazione in Italia per violazione delle norme migratorie. È stato trasferito all’Alligator Alcatraz lo scorso 9 luglio.
In una testimonianza pubblicata su un quotidiano locale, Mirabella Costa ha definito la struttura un “campo di concentramento”, dichiarando che i detenuti vengono trattati come criminali e umiliati. I suoi familiari hanno rivelato che viene “tenuto in una sorta di pollaio, in una gabbia che contiene fino a 32 persone”.
Fernando Eduardo Artese, 63 anni, con doppio passaporto italiano e argentino, è stato arrestato a fine giugno mentre tentava di lasciare gli Stati Uniti per tornare in Argentina. Entrato negli USA quasi dieci anni fa, Artese ha superato il periodo di soggiorno consentito di 90 giorni. La sua famiglia, che lo ha raggiunto nel 2018, è rimasta in America con vari permessi. La sua detenzione è avvenuta dopo che è emerso un mandato di arresto per non essersi presentato a un’udienza. “Non si era presentato proprio perché temeva di essere fermato,” sostiene la famiglia.
La struttura di detenzione ‘Alligator Alcatraz’, situata nelle paludi delle Everglades, è stata progettata per accogliere fino a 5.000 persone, con un costo annuo di circa 450 milioni di dollari. Questa prigione, così chiamata per la sua posizione remota e l’habitat ostile, è parte integrante delle misure adottate dall’amministrazione Trump per rafforzare le politiche di detenzione e rimpatrio dei migranti.
Le storie di Mirabella Costa e Artese mettono in luce le criticità di un sistema che, secondo attivisti e famiglie coinvolte, appare sempre più lontano dalle garanzie fondamentali dei diritti umani. La questione solleva interrogativi su come le politiche migratorie statunitensi stiano evolvendo e su quali siano le reali condizioni di vita all’interno di queste istituzioni.