Quest’oggi ricorre la tragica morte di Maria Grazia Cutuli, la giornalista catanese assassinata nel 2001 a Sarobi, Afghanistan, durante il suo lavoro d’inviata. Ripercorriamo la vita della giornalista: dall’esperienze locali al riconoscimento nazionale (e non solo).
Maria Grazia Cutuli (nata il 26 ottobre 1962) non era solo una giornalista, non almeno nella definizione “stretta” della professione. Per la giornalista comunicare era quasi una vocazione, sapendo cogliere le sfumature d’ogni storia e riuscendo, al contempo, a raccontare con coraggio storie difficili e pericolose.
Dagli spettacoli locali agli scenari di guerra afghani
Maria Grazia Cutuli è una neo laureata con lode in filosofia all’Università degli Studi di Catania quand’esordisce nel mondo giornalistico come collaboratrice del quotidiano “La Sicilia”, giungendo rapidamente all’emittente televisiva “Telecolor” in cui si occupò di spettacoli.
La giornalista lasciò Catania per trasferirsi a Milano, in cui lavorò dapprima nel periodico “Centocose” e successivamente in “Epoca” divenendo una giornalista professionista. L’attenzione per le tematiche “sensibili” spinse Maria Grazia Cutuli a collaborare con l’UNHCR: l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di rifugiati.
Fu in questo periodo professionale che Maria Grazia Cutuli maturò l’esperienza all’interno del campo della politica estera di cui era una vera appassionata ed informatrice, evidenziando anche i disagi delle comunità più fragili e colpite. Il “salto” di carriera per la giornalista giunse col passaggio al “Corriere della Sera” a metà degli anni novanta.
Nello storico quotidiano la giornalista ottenne quattro contratti a termine, a partire dal luglio 1997, sino ad essere assunta a tempo indeterminato il 2 luglio 1999. Sono i tragici attentati dell’11 settembre 2001 a dare una sostanziale svolta alla carriera giornalistica di Maria Grazia Cutuli, la quale fu inviata in Afghanistan, in Pakistan (via Gerusalemme) e nuovamente in Afghanistan.
Il lavoro sul campo, la scoperta di gas nervino e l’assassinio a Sarobi
È proprio al culmine della carriera giornalistica che tristemente giunse la fine per Maria Grazia Cutuli. Il 19 novembre del 2001 la giornalista si trovava nei pressi di Sarobi, sulla strada che da Jalalabad porta a Kabul, a circa 40 chilometri dalla capitale afghana.
In quelle settimane Maria Grazia Cutuli lavorava ad un articolo (pubblicato lo stesso giorno della sua morte) in cui denunciava la scoperta di un deposito di gas nervino nella base di Osama Bin Laden. Gli afghani presero la giornalista assieme ad alcuni colleghi: l’inviato di El Mundo Julio Fuentes e due corrispondenti dell’agenzia Reuters, l’australiano Harry Burton e l’afghano Azizullah Haidari.
Tutti i giornalisti furono assassinati senza pietà. Maria Grazia Cutuli morì a Sarobi il 19 novembre 2001 durante la sua missione umana e giornalistica. In seguito, la salma fu trasportata in Italia da un aereo governativo mentre l’autopsia rivelò che ad uccidere la giornalista furono dei colpi d’arma da fuoco alla schiena, facendo presumere che la giornalista fu presa alla sprovvista o in fuga. Il funerale si svolse a Catania il 24 novembre ed il corpo fu sepolto nel cimitero di Santa Venerina.
Le indagini, il processo e il ricordo di Maria Grazia Cutuli
Pochi giorni dopo il tragico assassinio, la Rai annunciò di voler trasmettere un film sulla vita della giornalista, ma l’idea fu accolta da pareri contrastanti. Ad oggi il ricordo di Maria Grazia Cutuli è più vivo che mai con premi, targhe, riconoscimenti e anche produzioni filmiche/mediatiche. Per citarne uno, nella sede dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia la vita della giornalista è raccontata accanto ad altri colleghi “fondamentali” del panorama giornalistico siciliano come Giuseppe Fava e Peppino Impastato.
Nell’autunno del 2004 cominciarono le indagini relative alla morte di Maria Grazia Cutuli in Afghanistan, che condussero alla condanna alla pena capitale del ventinovenne Reza Khan (accusato dell’omicidio): malgrado i genitori della vittima si fossero dichiarati contrari, Khan venne fucilato nell’ottobre 2007 (ma immaginiamo che la giornalista non avrebbe desiderato la morte nemmeno del suo presunto assassino).
Il 15 novembre 2018 la palla giudiziaria passò in Italia con la sentenza della prima Corte d’assise d’appello, presieduta da Andrea Calabria con Giancarlo De Cataldo. Gli afghani Mamur e Zan Jan furono accusati dell’omicidio di Maria Grazia Cutuli e condannati a 24 anni di reclusione. Fu confermata la decisione di primo grado presa a novembre 2017 nei confronti dei due afghani, i quali in entrambe le occasioni erano in videoconferenza da un carcere in Afghanistan. Le accuse per i due uomini furono di omicidio e rapina poiché vennero presi a Maria Grazia Cutuli anche la radio, il computer e la macchina fotografica.
Molto altro ci sarebbe da dire su Maria Grazia Cutuli ma ci limitiamo al suo ricordo e la sua eredità, oramai variegata, che racchiude tra le altre cose i suoi 11 anni per il Corriere della Sera, in cui firmò circa 300 articoli in 4 anni, oltre ad essere la seconda vittima del terrorismo al giornale dopo Walter Tobagi ed essere stata promossa inviata speciale alla memoria, su decisione del direttore Ferruccio de Bortoli. Tra i premi alla sua memoria ricordiamo: Premio giornalistico Città di Milano “alla memoria di Maria Grazia Cutuli”, Premio internazionale di giornalismo «Maria Grazia Cutuli» di Santa Venerina, in collaborazione con la Fondazione Cutuli e Premio giornalistico nazionale “Maria Grazia Cutuli-Per non dimenticare e per costruire la Pace”.
Maria Grazia Cutuli era una giornalista ma chi ha avuto la possibilità di conoscerla (anche solamente attraverso i suoi articoli) sa bene che fu molto di più, con un’attenzione particolare a ciò che accadeva fuori dall’Italia e una missione che andava oltre la professione. Quando vi capiterà di notare il suo nome ricordatene la persona oltre la giornalista.