A seguito dell’attività d’indagine coordinate dalla Procura della Repubblica di Catania, i finanzieri del Comando Provinciale di Catania hanno eseguito un provvedimento di confisca in materia antimafia, emesso dalla Corte d’appello etnea, relativo al patrimonio di Nunzio Fabio Tenerelli, catanese facente parte del clan mafioso “Carcagnusi”.
Oltre le indagini sulla persona, il Nucleo PEF catanese si è concentrato sulle disponibilità economico-finanziarie del mafioso e del profilo patrimoniale della sua famiglia. I finanzieri hanno accertato sia la pericolosità sociale del mafioso Tenerelli sia la sproporzione tra il profilo reddituale del nucleo familiare dell’uomo e l’ingente complesso patrimoniale riconducibile a lui e alla sua famiglia.
Riguardo la pericolosità sociale di Tenerelli, come confermano le intercettazioni telefoniche di un altro procedimento penale riguardante i soggetti affiliati ai “Carcagnusi”, è emerso che il mafioso fosse specializzato in rapine a danno di soggetti cinesi, che aveva pianificato ed eseguito anche fuori dalla Sicilia. Inoltre, l’uomo è stato condannato, con sentenze passate in giudicato, per plurimi delitti contro il patrimonio e nei suoi confronti pende tutt’ora un procedimento penale per lesioni.
Dalle indagini sulla sproposizione reddituale, svolte dalle unità specializzate del GICO del Nucleo PEF di Catania, è stato possibile appurare che Tenerelli (risultante disoccupato) e il suo nucleo familiare, a fronte di redditi davvero modesti, hanno effettuato rilevanti investimenti, in particolare per l’acquisto e la ristrutturazione degli immobili sottoposti a confisca.
L’esito delle investigazioni ha condotto la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Catania a disporre sequestro e confisca dei seguenti beni:
– 23 unità immobiliari a Catania
– 1 ditta individuale, adibita chiosco bar
– 3 rapporti finanziari
– 3 autoveicoli d’epoca
Il valore complessivo della confisca è di circa sei milioni di euro. Il mafioso Tenerelli ha tentato di presentare ricorso per non perdere l’ingente patrimonio ottenuto con sangue e sudore d’altri ma il provvedimento è stato confermato dalla Corte di appello di Catania e dalla Corte di cassazione, che ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato.