Catania è una città meravigliosa non solo per le sue bellezze naturali come l’Etna e il mare, per quelle architettoniche e monumentali, per il suo clima mite e per le sue prelibatezze, ma è di gran fascino anche per i suoi modi di dire e le tipiche espressioni dialettali.
Quotidianamente vengono utilizzati diversi modi di dire catanesi, accompagnati anche da intercalari: ne esiste uno per qualsiasi occasione.
Ma da dove hanno origine, e qual è il loro significato?
Andiamo a scoprirlo in questo articolo.
Origini dei modi di dire catanesi
I modi di dire catanesi sono il risultato dell’influenza di diverse lingue e culture che hanno attraversato la città nel corso dei secoli. Catania è stata infatti dominata dai Greci, dai Romani, dai Bizantini, dagli Arabi, dai Normanni e dai Borboni.
Ognuna di queste culture ha lasciato il proprio segno sulla lingua e sulla cultura catanese.
La parlata dialettale catanese è un esempio della ricchezza culturale della città e della sua storia unica, e le varie terminologie non sono altro che un modo divertente e colorato per esprimere idee e sentimenti, e fanno parte integrante della vita quotidiana dei catanesi. Rappresentano una forma unica di espressione culturale e linguistica che continua a essere tramandata di generazione in generazione.
Caratteristiche dei modi di dire catanesi
I modi di dire catanesi sono molto espressivi e colorati. Sono spesso usati per descrivere situazioni o persone in modo divertente o ironico. Molti modi di dire catanesi hanno anche un significato simbolico o metaforico, che richiede una certa conoscenza della cultura locale per essere compreso appieno.
Vediamone alcuni.
Esempi di modi di dire catanesi
Ecco alcuni esempi di modi di dire ed espressioni tipiche catanesi:
- Mbare: è l’intercalare per eccellenza che i catanesi usano assiduamente e in modo del tutto naturale e spontaneo nel corso dei loro dibattiti quotidiani. Un tipico esempio è “Mbare comu semu cumminati” a cui segue la tipica risposta “A 3 tubi”. Inizialmente la forma contratta era “mpari” (diretta abbreviazione del termine siciliano “cumpari”), che ancora oggi è possibile sentire in alcune zone dell’interland, che è stata poi sostituita da “mbare”.
- “Avaja”, un’esortazione che il catanese usa per invitare qualcuno a smettere di fare o a dire qualcosa. Ad esempio “Avaja mbare, tagghila”, parafrasato “Smettila!”.
- “Pagghiolu” termine attribuito ad una persona adulta che si comporta in modo immaturo.
- “Ogni ficateddu di musca è sustanza” significa letteralmente “Ogni fegatino di mosca è sostanza”. Questo modo di dire si riferisce all’idea che anche le cose apparentemente insignificanti o minime possono avere valore o importanza.
- “Quannu si cunta è nenti”, che significa “Quando si racconta non conta”. Questo modo di dire si usa spesso dopo un incidente o una disavventura relativamente insignificanti, per sottolineare che non ci sono gravi conseguenze o che non è successo nulla di troppo grave.
- “Ti finisci ai 3 canceddi”, con questa espressione i catanesi si riferiscono al cimitero di Catania (che ha tre cancelli d’ingresso) quando qualcuno si mette in una situazione di pericolo.
- “Semu quantu a Gimmania” letteralmente “Siamo quanto la Germania” per indicare che si è in tante persone.
- “Fatti a nomina e va’ a cucchiti” letteralmente “Fatti la nomina e vai a dormire” ha un duplice senso: si riferisce infatti sia a chi vive le glorie del passato senza doversi impegnare a fare altro, ma anche a chi ha la nomina di essere ad esempio buono, egoista, pigrone ecc, che non si riesce a scrollare più di dosso.
- “Sugnu n’do menzu di na strada” letteralmente “Sono in mezzo ad una strada”, quando si fa qualcosa che si deve ancora iniziare o per la quale si è a metà dell’opera.
- “Si nuddu miscatu cu nenti” ovvero “Sei nessuno mischiato con niente”, espressione utilizzata quando ci si rivolge a qualcuno che per l’interlocutore non conta nulla.
- “Malarucatu e facchinu!” espressione utilizzata per dare dell’ineducato a qualcuno.
- “E torna parrinu e ciùscia” è un modo di dire comune, sopratutto tra le persone più grandi, che viene utilizzato per invitare qualcuno a smettere di parlare o di insistere su qualcosa che non è gradita o condivisa.
- “Abbissati semu” inteso come “Siamo in una brutta situazione”. In alcune occasioni viene utilizzato con ironia.
- “Arricoghiti i Pupi” che tradotto potrebbe essere “Raccogli le tue cose e vai via”.
- “M’arrivau n’ta l’ungniu do peri”, che letteralmente significa “Mi è giunta fino all’unghia del piede”, è un modo di dire catanese utilizzato per esprimere quanto qualcosa, come un pasto, sia stato altamente gradito.
- “Unni agghiri ennu” che tradotta significa “Dove devi andare”, è un espressione che il catanese utilizza per scoraggiare qualcuno intendo ad intraprendere qualcosa che non rientra tra le sue corde.
- “Motivi femmu”, è un avvertimento, ammonimento che significa “Statti fermo”.
- “Semu pessi” modo di dire catanese utilizzato quando si è senza speranza.
- “Non c’è nenti pa iatta” significa letteralmente “Non c’è niente per la gatta”, e viene utilizzato per scoraggiare qualcuno che tenta di adulare per ottenere un fine.
- “Ma staiu virennu petri petri” ovvero “Me la sta vedendo pietre pietre”, espressione utilizzata dal catanese quando si trova in difficoltà.
- “Unni t’ha fattu a’ stati fatti u ‘nvennu” tradotto “Dove ti sei fatto l’estate fatti l’inverno”, modo di dire utilizzato per invitare qualcuno per andare, gentilmente, a quel paese.
- “Ma’ moriri me’ o’ ma’”, che possiamo tradurre come “Dovesse morire mia madre” che viene usata come sommo giuramento nelle comunità mammoriane.
- “T’immucchi quattru” che tradotto significa “Te ne mangi quattro” sottolinea beffardamente la vanagloria del nostro interlocutore e a suggerirgli di darsi meno arie, il più delle volte perché il motivo di tanta soddisfazione è in realtà inesistente, irrilevante, oppure fastidiosa.
- “Sauta a iatta?” a cui risposta segue “Su ci pisti a cura”, domanda che viene posta dal catanese per domandare “Come va?”
- “Tu non sai cu su’ i chistiani” che letteralmente vuol dire “Tu non sai chi sono le persone” è una delle espressioni tipiche che i catanese doc usa con aria di minaccia nel momento in cui subisce uno sgarro da qualcuno che non conosce la sua importanza.
Questi sono solo alcuni esempi dei modi di dire, parole e intercalari che vengono utilizzati dai catanesi. La lingua e la cultura catanese sono ricche di espressioni linguistiche che riflettono la società, i modi di fare e la quotidianità dei suoi cittadini.
Utilizzo dei modi di dire catanesi
I modi di dire catanesi sono spesso usati in modo informale nella conversazione quotidiana. Possono essere utilizzati per creare un’atmosfera rilassata e informale, per esprimere emozioni o per fare una battuta. Tuttavia, alcuni modi di dire possono anche essere utilizzati in contesti più formali, come ad esempio in un discorso pubblico o in un’intervista.
Il valore culturale dei modi di dire catanesi
I modi di dire catanesi sono un importante patrimonio culturale della città di Catania e della Sicilia in generale.
Essi rappresentano una forma di espressione linguistica che riflette la storia, la cultura e i valori della comunità locale. Inoltre, i modi di dire catanesi possono anche essere considerati un mezzo per preservare e diffondere la cultura catanese, in quanto possono essere trasmessi di generazione in generazione.
In sintesi, i modi di dire catanesi rappresentano una parte importante del patrimonio culturale e linguistico della città di Catania e della Sicilia in generale. Essi sono espressivi, colorati e ricchi di significato, e possono essere utilizzati in modo informale o formale a seconda del contesto. La conoscenza dei modi di dire catanesi è fondamentale per comprendere appieno la cultura e la storia della città di Catania, e per apprezzare la bellezza della lingua italiana nelle sue varie sfumature regionali.