Due studentesse dell’Università di Catania tornano a casa dopo l’esperienza drammatica in Israele: il racconto di Federica Florio e Chiara Burgaletto

Sono atterrate questa mattina, poco dopo le 13, all’aeroporto Fontanarossa di Catania, Federica Florio e Chiara Burgaletto, rispettivamente dottoranda al dipartimento di Scienze chimiche e assegnista di ricerca al dipartimento di Scienze biomediche e biotecnologiche dell’Università di Catania, che stavano svolgendo un periodo di tirocinio in Israele, al Weizmann Institute of Science di Rehovot, a pochi chilometri da Tel Aviv.

Nei giorni scorsi le due studentesse catanesi avevano lanciato un accorato appello per ritornare subito a casa, a seguito del conflitto bellico recentemente esploso fra lo Stato israeliano e i militanti di Hamas.

“Eravamo a Tel Aviv per il fine settimana, era un venerdì più che tranquillo – esordisce Federica Florio, cresciuta a Leonforte, ma ormai da dieci anni a Catania -. Nessuno si aspettava cosa sarebbe successo da lì a poco. Eravamo in hotel e siamo state svegliate dalle bombe, sabato mattina intorno alle 7,30. Poi siamo riuscite a rifugiarci nel bunker. Adesso proviamo paura e pena per le persone che sono rimaste lì”.

“Ringraziamo l’Università di Catania e il Governo per il supporto dato in questi giorni e per averci riportato a casa – racconta Chiara Burgaletto, originaria di Bronte, con un filo di voce e con la paura negli occhi -. Quando sono cominciati i bombardamenti eravamo a Tel Aviv, dove stavamo trascorrendo il weekend con Federica. Ci siamo svegliate e abbiamo saputo che in altri territori l’assedio era cominciato alle 6. Siamo scappate verso Rehovot in taxi, un luogo decisamente più sicuro. Abbiamo affrontato la paura del momento. Anche a maggio avevamo assistito ad un attacco con un missile a 500 metri dal dormitorio. Ma stavolta la differenza era evidente”.

Il ritorno a casa delle studentesse catanesi

Ad accogliere Chiara e Federica, a nome dell’Università di Catania, il rettore Francesco Priolo affiancato dai docenti Renato Bernardini e Giuseppina Cantarella. «Siamo intervenuti immediatamente – ha spiegato il rettore -. Stiamo stati in contatto diretto e costante con loro che fino a pochi giorni fa studiavano al Weizmann Institute, a pochi chilometri da Tel Aviv. Questa è la nostra internazionalizzazione. Dalle attività di ricerca si sono ritrovate nella tragedia. Per questa ragione ci siano attivati con la Farnesina per riportarle a casa. Non vedevano l’ora di ritornare per la grande paura dopo aver assistito ai bombardamenti. Hanno avuto grande paura nei bunker e anche ieri quando stavano per decollare dall’aeroporto di Tel Aviv per rientrare in Italia.

Il supporto dell’Università di Catania e del Governo

Le due studentesse hanno espresso la loro gratitudine all’Università di Catania e al Governo per il supporto ricevuto durante questi giorni di tensione. Sono state costantemente in contatto con l’ateneo che ha fatto tutto il possibile per riportarle a casa in sicurezza. Il rettore ha sottolineato l’importanza dell’internazionalizzazione dell’università e come, purtroppo, le due studentesse siano state coinvolte in una situazione di pericolo durante il loro periodo di ricerca in Israele.

La paura vissuta dalle studentesse

Le due studentesse hanno raccontato di come siano state svegliate dalle bombe durante il loro soggiorno a Tel Aviv. Hanno trovato rifugio in un bunker e hanno vissuto momenti di grande paura. Nonostante avessero già assistito ad attacchi in passato, stavolta la situazione era molto più grave. Hanno espresso la loro preoccupazione per le persone rimaste in Israele e per la violenza che si è scatenata durante il conflitto.

In conclusione, le studentesse catanesi Federica Florio e Chiara Burgaletto sono tornate a casa dopo aver vissuto momenti di grande paura durante il conflitto tra Israele e Hamas. Hanno ringraziato l’Università di Catania e il Governo per il supporto ricevuto e hanno espresso la loro solidarietà alle persone rimaste in Israele. Il rettore dell’Università di Catania ha sottolineato l’importanza dell’internazionalizzazione dell’ateneo e ha assicurato che si è fatto tutto il possibile per garantire la sicurezza delle studentesse durante il loro periodo di ricerca in Israele.