A Catania “U Signuri non è mastru ca pava o sabbutu”

A Catania “U Signuri non è mastru ca pava o sabbutu”

Quante volte avrai sentito dire a qualcuno che “U Signuri non è principali o mastru ca pava o sabbutu” e ti sarai chiesto cosa volesse dire con quelle parole o a chi facesse riferimento in quel momento.

Se sei catanese e ami la cultura della tua città, allora saprai bene cosa si intende con questo antico detto che ancora oggi è molto utilizzato in particolari circostanze.

Ebbene si, quando il catanese riceve una cattiva azione nei suoi confronti o quando esce da una brutta situazione causata da altri, deve avere pazienza e attendere il giudizio divino, che arriva con calma, ma arriva sempre.

Prima o poi infatti, si dovrà rendere conto del proprio operato al Signore, che non è un uomo che salda i debiti settimanali nella giornata di sabato, ma lo fa senza alcun preavviso, inducendo tutti a riflettere bene prima di agire e a pensare alle conseguenze.

Sono molti i catanesi che usano questo detto e molti altri non ne conoscono l’origine biblica. Se anche tu non conosci la storia di questo modo di dire catanese, continua a leggere e scoprila qui di seguito.

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“U Signuri non è mastru ca pava o sabbutu”, un antico detto catanese dall’origine biblica

Questo antico catanese che ancora oggi, ricorda a tutti di non sottovalutare l’azione e la decisione divina e del fato, affonda le sue origini nella Bibbia e precisamente nel Vangelo di Matteo.

È proprio qui infatti che il Signore consiglia alle donne davanti al Sepolcro «Vegliate, dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora» (Mt 25,13) ed è proprio in questo versetto che si sottolinea l’impossibilità che l’uomo ha di conoscere in anticipo il volere di Dio, costretto così alla rassegnazione.

Ma allora cosa centra il sabato?

Visto che anticamente (e in certi mestieri anche oggi) il giorno di paga era il sabato e che per questo motivo spesso il venerdì si digiunava in attesa dell’arrivo dei soldi, il detto “u Signuri non è principali ca pava o sabbutu” vuole sottolineare la differenza tra l’usanza divina e quella umana.

Meglio non sottovalutare Dio o il destino e ricordare che, come direbbero i catanesi, “semu tutti sutta u stissu cielu”!