Sacchi e Baggio, trent’anni dopo Pasadena: un confronto aperto tra gloria e rimpianti
ROMA – “La differenza tra il 1994 e il 2006 è in un rigore: Roberto Baggio lo sbaglia, Fabio Grosso lo segna”. Con queste parole, Arrigo Sacchi, storico ex ct della Nazionale italiana, ha riacceso il dibattito su una delle pagine più drammatiche e affascinanti del calcio italiano. A trent’anni dalla finale del Mondiale di Pasadena, le sue riflessioni sulla Gazzetta dello Sport hanno suscitato polemiche e attirato l’attenzione dei tifosi e degli addetti ai lavori.
Sacchi, con tono nostalgico e appassionato, ha riportato in vita quel momento indimenticabile in cui l’Italia perse il mondiale ai rigori contro il Brasile. “Trent’anni fa, quante emozioni! Roberto Baggio va sul dischetto, calcia alle stelle, il Brasile vince il Mondiale e la mia Italia deve accontentarsi del secondo posto”, ha ricordato Sacchi, esaltando allo stesso tempo il percorso eroico della sua squadra. “Sono orgoglioso di quel secondo posto. Siamo arrivati lì grazie a un gruppo di persone che hanno dato tutto”.
La replica del Divin Codino
Le parole di Sacchi non sono rimaste senza risposta. Roberto Baggio, il protagonista sfortunato di quella serata californiana, ha utilizzato i social per esprimere il suo punto di vista, citando un maestro buddista, Daisaku Ikeda: “Se manchiamo uno scopo siamo ridicolizzati e attaccati. Purtroppo le persone sono così”. Un messaggio che riflette la saggezza e la resilienza di Baggio, nonostante il peso di quel rigore mancato che ancora oggi sembra perseguitarlo.
Sacchi e il contesto del 1994
Sacchi prosegue il suo racconto, delineando le difficoltà affrontate dalla Nazionale durante quel Mondiale. “Alla finale con il Brasile ci arrivammo in condizioni difficili. Fisicamente eravamo cotti, i giocatori non avevano più muscoli nelle gambe”, ha sottolineato, attribuendo parte della responsabilità alle decisioni logistiche prese dalla Federcalcio italiana. “Avevo detto che dovevamo giocare a ovest col clima migliore, ma decise Andreotti”.
Il peso della politica
Il discorso si allarga poi al rapporto fra sport e politica. “Molti temevano che Berlusconi, appena diventato presidente del Consiglio, sfruttasse politicamente il nostro successo”, ha spiegato Sacchi, evidenziando come le dinamiche politiche dell’epoca abbiano influenzato anche l’appoggio alla Nazionale. “In Italia non tutto il Paese era schierato dalla nostra parte. I suoi avversari in Parlamento erano anche i nostri avversari”.
Riflessioni e orgoglio
In conclusione, Sacchi invita i tifosi italiani a rivalutare il significato di quel secondo posto. “Abbiamo perso ai calci di rigore, siamo stati in partita fino alla fine nonostante non avessimo energie. Di che cosa potevano rimproverarci?” Sacchi ribadisce il suo orgoglio per una squadra che ha mostrato carattere e determinazione, nonostante le avversità.
È chiaro che il ricordo di Pasadena, con le sue emozioni e controversie, continua a suscitare riflessioni profonde e dibattiti tra i protagonisti e i tifosi. Un momento storico che, anche a distanza di trent’anni, mantiene intatta la sua carica emotiva e simbolica per il calcio italiano.