Suicidi tra i militari: la denuncia scaturita dalla tragica morte di Beatrice Belcuore
La recente scomparsa di Beatrice Belcuore, una giovane militare che si è tolta la vita il 22 aprile scorso all’interno della scuola Marescialli Carabinieri di Firenze, ha riacceso un acceso dibattito sulla salute mentale all’interno delle forze armate italiane. Accanto alla tragica vicenda, un grido di allerta si leva dai sindacati militari e dai familiari delle vittime, il quale denuncia un fenomeno che non può più essere sottovalutato.
“Non sono solo problemi personali”, ha dichiarato Davide Belcuore, lo zio di Beatrice. La sua affermazione risuona come un monito: le morti di chi indossa la divisa non sono casi isolati di fragilità personale. Al contrario, rappresentano un sintomo di un malessere più profondo e sistemico, come testimoniato dai dati allarmanti. Nel 2023, si sono registrati 39 suicidi tra i militari, e fino ad oggi nel 2024 il numero ha già raggiunto 31 casi.
Durante una conferenza stampa tenutasi alla Camera dei deputati, sindacalisti e familiari delle vittime hanno confermato che l’Amministrazione tende a minimizzare queste tragedie, attribuendole a problematiche psicologiche individuali. “Non era fragile”, ha ribadito Davide Belcuore, sottolineando il percorso formativo di Beatrice, che era stata anche in Marina. Le rigidità del training militare e la pressione psicologica accumulata sembrano emergere chiaramente in questo contesto.
Un’altra testimonianza sul tema è quella di Giuseppe Casalini, un carabiniere in passato e amico della famiglia Belcuore, il quale evidenzia come i giovani in divisa siano stati posti di fronte a una mentalità di tipo “tosto”: “Facessero un altro mestiere se sono fragili”, è ciò che gli è stato riferito da alcuni istruttori.
“1 suicidio ogni 6 giorni” è la drammatica statistica fornita dalla deputata del Movimento Cinque Stelle, Stefania Ascari, che ha anche proposto una Commissione d’Inchiesta per analizzare il fenomeno in profondità. “Questo non è un problema emergenziale, ma strutturato”, ha evidenziato, rimarcando l’urgenza di affrontare dinamiche che spesso restano nell’ombra, incluse le “condotte vessatorie” all’interno del potere di comando.
Marco Strano, responsabile del dipartimento di psicologia militare di Unarma, ha messo in evidenza che i militari stessi esprimono riluttanza a chiedere supporto per la paura di ripercussioni sulle loro carriera e sulla loro immagine. Gli esperti avvertono che i disturbi temporanei, se non trattati, possono portare a conseguenze più gravi.
Beatrice Belcuore non aveva una psicopatologia. Gli analisti avvertono che tali tragedie derivano spesso da sentimenti di disperazione, dove la sensazione di impotenza di cambiare una situazione opprimente diventa insopportabile. Come ricorda Luisa D’ Aniello, psicologa forense, “La desolazione gioca un ruolo cruciale in questi drammatici eventi”.
La pressione e la cultura del silenzio sembrano essere fattori centrali nella crisi attuale. Domenico Mastrulli, segretario generale CO.S.P, ha confermato che oltre 450 uomini sono morti in vent’anni, evidenziando come questa non sia una questione da relegare a problemi familiari o personali, ma una crisi che richiede un’analisi radicale delle attuali norme e strutture di potere all’interno delle forze armate.
Per prevenire futuri suicidi, è necessaria una revisione al codice dell’ordinamento militare, ha affermato l’avvocata Lara Lieggi, ponendo l’accento su meccanismi di correzione obsoleti che spesso sfociano in abusi di potere.
In conclusione, la morte di Beatrice non può e non deve essere dimenticata. È diventata un simbolo di una battaglia più ampia che richiede l’attenzione e l’intervento delle istituzioni. Come avviene in ogni tragedia, la sfida ora è trasformare il dolore in azione e cambiamento per garantire che nessun altro debba affrontare il medesimo destino.