La voce di un padre per il figlio in carcere: “Hai avuto un momento di debolezza”
ROMA – Un Padre, due genitori in cerca di comprensione e conforto in un momento di grande crisi. Questo è il ritratto che emerge dalle intercettazioni di un colloquio avvenuto nel carcere di Montorio Verona tra Filippo Turetta, reo confesso dell’omicidio di Giulia Cecchettin, e i suoi genitori. Le conversazioni, svelate dal magazine Giallo nel suo ultimo numero, mostrano un padre che cerca di sollevare il figlio dalla disperazione, sminuendo la gravità del suo gesto.
“Non ti devi dare colpe, non potevi controllarti”, dice Nicola, il padre di Turetta, durante il colloquio intercettato dello scorso 3 dicembre. Queste parole risuonano come un disperato tentativo di giustificare l’inaudito, come se cercasse di trovare una spiegazione a un’azione che ha sconvolto l’intera comunità.
Turetta, che ha confessato di aver colpito Giulia con 75 coltellate prima di occultarne il corpo, è stato arrestato in Germania il 19 novembre 2023. Le accuse a suo carico, che includono omicidio volontario aggravato, occultamento di cadavere e stalking, lo pongono al centro di un processo di grande risonanza mediatica. “Non sei un mafioso, non sei uno che ammazza”, continua il padre, cercando di dipingere il figlio come una vittima delle circostanze e non come un criminale senza scrupoli.
Le parole di Nicola risaltano in un contesto in cui il femminicidio continua ad essere un tema scottante in Italia. “Ci sono stati parecchi altri femminicidi, però ti devi laureare”, aggiunge, evidenziando l’urgenza di trovare una via d’uscita dalla situazione attuale e il desiderio di incoraggiare il figlio a guardare avanti, nonostante l’orrore delle sue azioni.
Durante il colloquio, Turetta esprime anche preoccupazioni riguardo alla sua difesa legale, temendo di non riuscire a comunicare tutto ciò che è necessario all’avvocato. I genitori, tuttavia, gli consigliano di essere aperto e onesto, suggerendo che la trasparenza potrebbe aiutarlo nel lungo cammino che lo attende.
Con la prima udienza del processo fissata per il 23 settembre, la tensione attorno a questo caso è palpabile. Le sue parole e quelle dei genitori si intrecciano in un dramma che scava nel profondo della psiche umana e nei meccanismi familiari che possono influenzare le azioni. Nonostante il dolore e la sofferenza, emerge un messaggio di speranza, di recupero e di possibile redenzione, anche in un contesto così tragico e controverso.
Il processo rappresenterà il banco di prova non solo per la giustizia, ma anche per una società che cerca di fare i conti con la realtà dei femminicidi e della violenza di genere. Le parole del padre di Turetta, pur ironicamente disinteressate alla severità della colpa, evocano la complessità dell’animo umano di fronte a un crimine inammissibile.