Caso Khelif: Gli Esperti difendono l’atleta contro le critiche
ROMA – L’argomento del testosterone e della forza fisica femminile è tornato al centro del dibattito pubblico dopo la polemica che ha coinvolto Imane Khelif, la pugile recentemente vittoriosa contro la napoletana Angela Carini. La vittoria di Khelif, che ha visto l’avversaria ritirarsi dopo appena 46 secondi, ha riacceso i riflettori su una questione delicata: l’impatto del livello di testosterone sulle prestazioni atletiche delle donne.
Gianluca Aimaretti, professore di Endocrinologia all’UniversitĂ del Piemonte Orientale e presidente della SocietĂ Italiana di Endocrinologia (Sie), ha chiarito in un’intervista che “non si può dire che il livello di testosterone piĂą alto incida sulla forza di una donna”. Secondo Aimaretti, il testosterone elevato può influenzare la massa muscolare, ma “ciò che fa la differenza è l’allenamento fisico”, sottolineando che non c’è una correlazione automatica tra massa muscolare e forza reale.
La polemica ha trovato eco nelle dichiarazioni di alcune figure politiche, come i ministri Matteo Salvini e Eugenia Roccella, che hanno espresso opinioni senza una conoscenza approfondita della situazione clinica di Khelif. Aimaretti ha ribadito che “non si deve fare ideologia su questo caso”, considerando che si tratta di un problema di natura sportiva. “I dati clinici dell’atleta devono essere conosciuti e analizzati per poter fornire un giudizio fondato”, ha aggiunto.
Nonostante le speculazioni, Aimaretti ha affermato che, basandosi sui parametri stabiliti dal Comitato Olimpico Internazionale, i livelli ormonali di Khelif sono ritenuti adeguati, con una soglia massima fissata a 10 nmol/L. Ha anche accennato a possibilità di disturbi della differenziazione sessuale, riconoscendo che il tema è complesso: “Esistono condizioni in cui il sesso cromosomico non corrisponde al sesso fenotipico, ma sono casi estremamente rari”.
Infine, Aimaretti ha voluto precisare che, contrariamente a quanto si possa pensare, “il livello di testosterone alto nelle femmine non equivale a quello maschile”, evidenziando ancora una volta l’importanza di un’analisi clinica accurata per ogni singolo caso.
La questione di Khelif solleva interrogativi non solo sull’equitĂ nelle competizioni sportive ma anche sulla comprensione e accettazione della diversitĂ biologica femminile in ambito atletico. La pugile, per tutti gli effetti, è una donna, e non vi è motivo di dubitarne. La sua vittoria rappresenta un passo avanti, ma il dibattito su salute, identitĂ di genere e sport è ben lontano dall’essere concluso.