Omicidio Verzeni: la criminologa Roberta Bruzzone analizza il caso e il profilo dell’assassino
L’omicidio di Sharon Verzeni, avvenuto nella notte tra il 29 e il 30 luglio, ha scosso la comunità e sollevato interrogativi sul tema della violenza. La criminologa Roberta Bruzzone ha rilasciato una nuova dichiarazione in cui analizza non solo il brutale omicidio, ma anche il profilo del killer, Moussa Sangare, che ha confessato di aver accoltellato la giovane donna.
Bruzzone, che ha seguito il caso da vicino, ha affermato: “È avvenuto ciò che temevo”. La criminologa ha descritto l’omicidio come opera di un disorganizzato, sottolineando che "potrebbe non conoscere la sua vittima". Un elemento chiave della sua analisi è stato il ritrovamento del cellulare di Sharon, che era nelle sue mani mentre ancora viva, lasciandole così l’opportunità di chiedere aiuto.
Nel suo intervento, Bruzzone sottolinea la sorprendete banalità della tragedia: “Sharon si è trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato.” Secondo la criminologa, non solo la giovane donna, ma qualsiasi persona nel suo posto poteva diventare vittima in quell’istante. “In casi di gravi patologie psichiatriche, basta davvero poco a scatenare la rabbia di queste persone”, ha dichiarato, evidenziando che anche una semplice interazione, come uno sguardo o un gesto, avrebbe potuto provocare una reazione violenta.
Bruzzone ha quindi tracciato un quadro inquietante del profilo di Sangare, definendolo un “soggetto con un grave disturbo della personalità, un borderline”. “È uscito di casa con l’istinto di uccidere, di accoltellare qualcuno,” ha spiegato la criminologa, descrivendo Sangare come “una bomba innescata”, il cui comportamento non era del tutto inaspettato, considerati i segnali di allerta emersi in passato, come le denunce presentate dalla madre e dalla sorella.
Il messaggio di Bruzzone è chiaro: “Una persona così può essere salvata solo rinchiudendola tutta la vita perché pericolosa.” Questo tragico episodio evidenzia la necessità di una maggiore attenzione e interventi più efficaci nei confronti di chi soffre di disturbi mentali, specialmente quando questi possono sfociare in episodi di violenza. La criminologa conclude con una nota di rassegnazione: “Dio solo sa quante ce ne sono in giro, purtroppo.”
L’omicidio di Sharon Verzeni rimane un tragico promemoria delle complesse interazioni tra salute mentale, violenza e la vita quotidiana, sollecitando una riflessione profonda sulla società e sui mezzi di prevenzione degli atti violenti.