Allerta Sette in Italia: Le Riflessioni di un’Esperta sul Fenomeno e le Sue Implicazioni
Roma – È in atto un dibattito acceso in Italia riguardo alla paura crescente verso le cosiddette "sette". Accostati a satanisti, maghi, santoni e sciamani, il concetto di setta torna frequentemente alla ribalta, alimentato da alcuni media e da casi di cronaca nera. Tuttavia, è fondamentale tenere a mente che molte delle comunità etichettate come sette potrebbero non avere nulla a che fare con pratiche pericolose, ma rappresentare semplicemente religioni di minoranza.
La questione ha spinto, nei mesi recenti, a valutare l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno. Tuttavia, nonostante l’urgenza di affrontare il tema, la mancanza di una definizione precisa di cosa costituisca una setta rende l’intervento delle istituzioni problematico. Secondo esperti, la vaghezza del termine "setta" rappresenta un rischio importante per la libertà di fede e, più al generale, per la libertà individuale.
Recentemente, il Cesnur (Centro Studi sulle Nuove Religioni) ha criticato un libro di Luigi Berzano, esprimendo preoccupazioni sull’emergere di un’ideologia anti-setta che richiama alla mente il temuto concetto di manipolazione mentale. Il problema più grande? L’indefinitezza di una definizione concorde, che possa di fatto garantire protezione a chi non ha nulla a che fare con comportamenti manipolatori.
“Con tali preoccupazioni, chiunque può diventare un potenziale accusato,” afferma Raffaella Di Marzio, studiosa e direttrice del centro Lirec. "Senza una definizione chiara, si corre il rischio di colpire chiunque, inclusi coloro che si dedicano liberamente alla loro spiritualità, come i Testimoni di Geova o diverse pratiche buddiste."
L’analisi delle cosiddette sette spesso ignora che comportamenti devianti e violenti possono effettivamente verificarsi anche in contesti religiosi tradizionali. "È un tema delicato, e i comportamenti negativi non sono esclusivi delle nuove religioni," ricorda Di Marzio, citando il tragico caso della Chiesa cattolica e i problemi di pedofilia.
In Italia, la narrazione spaventosamente semplice che collega le sette a criminalità e manipolazione mentale è spesso sostenuta da ricordi di eventi drammatici, come il caso delle Bestie di Satana. Ma, secondo Di Marzio, considerare tutte le comunità religiose e spirituali come potenziali sette è fuorviante e dannoso.
Allo stesso modo, l’idea che chi entra in una setta non possa uscirne mai è stata ampiamente smentita. La realtà, secondo l’esperta, è ben diversa. “Negli anni ’90, si parlava di questi gruppi come ‘porte girevoli’, enfatizzando che per ogni persona che entra, un’altra esce.” Il messaggio finale è chiaro: le generalizzazioni non possono sostituire l’analisi accurata dei fenomeni sociali e religiosi.
Il fatto che anche associazioni di prestigio come il Consiglio d’Europa abbiano invitato a non utilizzare il termine "setta" e a non implementare leggi penali speciali, dovrebbe richiamare alla riflessione. In una società veramente libera e democratica, è essenziale garantire un trattamento equo per tutti, evitando il rischio di nuove cacce alle streghe che possano ledere la libertà personale e religiosa.
Il futuro potrebbe riservare sorprese inquietanti se Italia dovesse seguire una direzione errata in questo dibattito. Siamo davvero pronti a tornare ai tempi di accuse infondate, come nel caso di Braibanti, il poeta omosessuale accusato di plagio? La vera sfida è affrontare i problemi sociali e le accuse di violenza senza cadere nel campo dell’ideologia o della semplificazione.