Stop all’uso dei social per i minori di 15 anni: la proposta della politica italiana che fa discutere
ROMA – Un’importante svolta legale potrebbe cambiare il panorama dell’uso dei social media tra i più giovani in Italia. Il nuovo disegno di legge ‘Disposizioni per la tutela dei minori nella dimensione digitale’, recentemente presentato, prevede l’interdizione all’utilizzo delle piattaforme social per i minori di 15 anni, a meno che non ci sia un’autorizzazione esplicita da parte dei genitori o dei tutori legali. Questo provvedimento, che ha già ricevuto il consenso di gran parte delle forze politiche, mira a garantire una maggiore protezione per i minori e a responsabilizzare le piattaforme online.
Il ddl, che ha ricevuto il supporto quasi unanime delle forze politiche, ha avviato la fase emendativa in Senato e ha attirato l’attenzione durante un convegno tenutosi a Palazzo Madama, organizzato dalla senatrice Simona Malpezzi del Partito Democratico. In questo contesto, è stata lanciata anche una petizione, supportata da esperti nel campo della pedagogia e della psicologia, che ha già raccolto 50mila firme con l’obiettivo di arrivare a 100mila.
La proposta legislativa stabilisce regole rigorose per i cosiddetti ‘baby influencer’, imponendo limiti sull’esposizione online dei minori e la proibizione ai genitori di utilizzare i guadagni prodotti dai figli minori superiori ai 10.000 euro annui, a meno di una specifica autorizzazione da parte del Tribunale dei minorenni.
“Nessuno mette in discussione internet con tutto il suo carico di maggiore democrazia dell’accesso alle notizie”, ha commentato Lavinia Mennuni, senatrice di Fratelli d’Italia, “ma è un fenomeno che va regolamentato. Oggi abbiamo l’obbligo di unirci come legislatori per affrontare questo enorme tema, così come fu fatto per la televisione.” La proposta, quindi, non punta a demonizzare la rete ma si concentra sulla necessità di proteggere i più giovani da contenuti e interazioni potenzialmente dannose.
Maria Madia, deputata del Partito Democratico, ha evidenziato la gravità della situazione, rimarcando come “l’uso prematuro e insicuro dei social può determinare problemi di salute fisica e mentale nei bambini e nei preadolescenti”. Secondo Madia, il punto cruciale della proposta è la verifica dell’età degli utenti da parte delle piattaforme, un aspetto che attualmente risulta poco affrontato e che deve diventare una priorità.
La proposta, ben accolta, ha anche suscitato discussioni su come implementarla efficacemente. Carlo Calenda, leader del partito Azione, ha proposto l’idea di una terza agenzia, come l’Autorità Garante per la Privacy, per la certificazione e verifica dell’età degli utenti, affinché la responsabilità non ricada esclusivamente sulle famiglie.
“Le famiglie non possono affrontare questa sfida da sole,” ha avvertito Calenda, enfatizzando l’importanza di un approccio collaborativo. È chiaro a tutti i partecipanti al dibattito che la questione è complessa e richiede una molteplicità di soluzioni, che vanno oltre il mero intervento legislativo.
Il fenomeno del ‘sharenting’, ovvero la condivisione online di contenuti sui propri bambini da parte dei genitori, è un altro elemento d’interesse nelle discussioni. Elena Sironi del M5S ha sottolineato l’importanza di regolamentare anche questo aspetto della vita online dei bambini, suggerendo che accanto ai divieti debbanoesserci opportunità costruttive per coinvolgere i più giovani in attività alternative e stimolanti.
La regolamentazione dell’uso dei social per i minori è quindi ormai non solo un tema di dibattito pubblico, ma si preannuncia come una priorità legislativa per una società sempre più connessa, dove è essenziale tutelare il benessere dei più giovani da imprevisti e rischi. La strada dell’implementazione di queste nuove regole è appena iniziata, ma potrebbe segnare un cambiamento significativo nel modo in cui i social media vengono percepiti e utilizzati dalle generazioni future.