Un calciatore assassinato 34 anni fa | La verità finalmente svelata: colpevole o vittima di un complotto?

Trentiquattro anni dopo, la verità su Bergamini: l’ex fidanzata condannata per omicidio

ROMA – Una sentenza che riapre un capitolo doloroso della storia del calcio italiano: l’ex fidanzata di Donato Denis Bergamini è stata condannata a 16 anni di reclusione come mandante del suo omicidio. La Corte d’Assise di Cosenza ha smentito la versione ufficiale del suicidio, sancendo che quella tragica notte del 18 novembre 1989 il giovane calciatore fu ucciso in un provocatorio piano ordito dalla persona che aveva amato.

Isabella Internò, condannata dopo un lungo processo durato tre anni, ha sempre sostenuto la propria innocenza. “Voglio solo dire che sono innocente e non ho commesso niente. Lo giuro davanti a Dio, l’unico testimone che non posso avere,” ha dichiarato la donna, rispondendo alla sentenza che ha messo fine a una verità distorta per oltre tre decenni.

Secondo l’accusa, Bergamini avrebbe lasciato il ritiro del Cosenza per incontrare l’ex compagna, con la quale aveva interrotto ogni rapporto. Gli inquirenti sostengono che si sia trattato di una trappola, un piano premeditato che ha portato alla morte del giovane calciatore a causa di un’“asfissia da compressione”, probabilmente causata da una sciarpa o una busta di plastica. Una situazione agghiacciante che ha portato la presidente dell’Assise Paola Lucente e i giudici a escludere categoricamente l’ipotesi del suicidio.

La pubblica accusa aveva richiesto una pena più severa, proponendo 23 anni di reclusione. La sentenza, sebbene inferiore alle aspettative dell’accusa, rappresenta comunque un passo importante nella ricerca della verità, ponendo fine a una delle pagine più oscure della cronaca italiana legata al mondo dello sport.

Questa decisione giuridica, che ribalta una storia di silenzi e menzogne, non solo restituisce dignità a Bergamini e alla sua famiglia, ma segnala anche un cambio di passo nella giustizia italiana, un segnale forte che la verità può e deve emergere, anche a distanza di decenni. Ora, il caso si sposta su eventuali complici, che purtroppo rimangono ancora ignoti, mentre la lotta per la giustizia continua.