La crisi dei medici di famiglia in Italia | È davvero una “strage di Stato”?

La Fimmg: “La scomparsa dei medici di famiglia sul territorio è una strage di Stato”

L’allarme lanciato dal segretario Silvestro Scotti durante il congresso a Cagliari.

CAGLIARI – Durante l’82esimo congresso della Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale (Fimmg), tenutosi a Cagliari, il segretario Silvestro Scotti non ha avuto dubbi nel definire la riduzione della presenza dei medici di famiglia sul territorio come “una strage di Stato”. Le sue parole risuonano forti e chiare, soprattutto in un momento di crescente preoccupazione per la sanità italiana.

La scomparsa della medicina di famiglia, in particolar modo nelle aree interne e nelle periferie urbane, minaccia seriamente il livello di cura primario offerto alla popolazione. Scotti ha avvertito che senza azioni tempestive, si potrebbe assistere a un aumento drammatico del tasso di mortalità e a una riduzione della sopravvivenza alla nascita nel Paese. Queste, ha sottolineato, sono stime basate su dati incontrovertibili.

In questo contesto, il segretario della Fimmg ha messo in evidenza che le soluzioni adottate fino ad ora sono insufficienti, e che “non possiamo più agire con dinamiche di emergenza o tamponi, poiché tali misure non fanno altro che aumentare il numero di pazienti a carico di ciascun medico.” Secondo Scotti, la maggior parte dei nuovi pazienti è rappresentata da anziani e cronici, rendendo difficile garantire un’assistenza di qualità e un’efficienza adeguata.

Scotti ha inoltre segnalato un dato allarmante: “In Italia, siamo già passati da 43.000 a 37.000 medici di medicina generale, una riduzione tra il 15% e il 20%, e la tendenza non sembra rallentare.” Questo calo è il sintomo di una crisi che non tocca solo i numeri, ma anche l’organizzazione e la qualità del servizio sanitario nazionale.

Un ulteriore problema sollevato è la carenza di giovani professionisti nella scelta della medicina generale. Oggi si è svolto il concorso per l’accesso alla funzione di medicina generale, e si prevede che verrà coperto solo il 50-60% dei posti disponibili, un riflesso di come la professione non attragga più come un tempo. Secondo Scotti, il percorso universitario non valorizza adeguatamente questa scelta professionale, lasciando i neolaureati insoddisfatti e indifferenti.

La situazione descritta da Scotti è una chiamata all’azione per il governo e per le istituzioni sanitarie. È fondamentale non solo preservare la medicina di famiglia, ma anche rafforzarla, affinché possa continuare a garantire un’assistenza di qualità ai cittadini, soprattutto nelle aree più vulnerabili del Paese. L’auspicio è che queste parole trovino ascolto e che venga intrapresa una reale serie di interventi incisivi per preservare un pilastro essenziale della sanità italiana.