Afghanistan, Shakiba della Rawa: “La donna fa paura ai talebani”
In un contesto di crescente repressione, le parole di Shakiba, attivista della Revolutionary Association of the Women of Afghanistan (Rawa), risuonano come un forte richiamo alla comunità internazionale. La condizione delle donne afghane è drasticamente peggiorata dal ritorno al potere dei talebani nel 2021, e le testimonianze di chi vive in prima persona questa realtà sono strazianti.
“La condizione delle donne afghane dopo il 15 agosto 2021 è diventata critica e caotica. Ai talebani fanno paura le donne che alzano la voce”, dichiara Shakiba durante un’intervista rilasciata all’agenzia Dire. La Rawa, fondata nel 1977 dalla pioniera dei diritti civili Meena Keshwar Kamal, continua a impegnarsi per la giustizia sociale e l’indipendenza in un Paese segnato da decenni di conflitto e oppressione.
Kamal, assassinata nel 1986 per le sue idee progressiste, ha lasciato un’eredità di resistenza e coraggio che oggi Shakiba e altre donne continuano a portare avanti. È significativo che Shakiba rifiuti di rivelare il suo cognome e chieda di non essere fotografata per motivi di sicurezza. Questo contesto di paura è emblematico della realtà quotidiana in Afghanistan.
Il suo intervento è avvenuto nell’ambito del Festival Sabir di Roma, dove ha discusso della campagna internazionale per riconoscere l’apartheid di genere come un crimine contro l’umanità. “Alle donne è stato portato via tutto: il lavoro, le università, la possibilità di andare a scuola”, aggiunge Shakiba, illustrando un quadro desolante. Nessun diritto sembra essere rimasto, nemmeno la libertà di esprimersi in pubblico.
Recentemente, le dichiarazioni del ministro talebano Mohammad Khalid Hanafi, che ha vietato alle donne di recitare preghiere ad alta voce, hanno suscitato indignazione. “Se non possono pregare ad alta voce, come possiamo pensare che possano cantare?”, si è chiesto il ministro. Questo commento è stato visto come parte di una strategia più ampia di silenziare e controllare la voce delle donne.
“Le donne che hanno provato a resistere hanno subito violenze inimmaginabili. Ci sono storie di torture, arresti, e persino omicidi.” Shakiba parla così delle donne che si sono opposte alle decisioni dei talebani, sottolineando come la loro forza e il loro coraggio rappresentino una minaccia per il regime. In un clima di terrore, molte sono state costrette a lasciare il Paese.
Il panorama educativo è devastato: alle donne è consentita solo una formazione fino ai 12 anni, mentre coloro che hanno avuto lavori nei settori della polizia o delle istituzioni sono state perseguitate. “Le famiglie non hanno mai riavuto i corpi”, ha spiegato Shakiba, rendendo palpabile il senso di impotenza e disperazione.
Allo stesso tempo, ci sono teologi e uomini afghani che si oppongono a queste misure repressive e chiedono il diritto delle donne all’istruzione. Shakiba esorta la comunità internazionale a non ignorare la situazione: “Dobbiamo portare i talebani davanti alla Corte penale internazionale.” Questo appello di giustizia deve tradursi in azioni concrete, secondo l’attivista.
Rivolgendosi all’Europa, chiede un impegno a sostegno dei movimenti per i diritti delle donne, non solo in Afghanistan ma anche in contesti di conflitto simili come quello siriano. “Se vogliamo un cambiamento significativo, è fondamentale che ci uniamo, uomini e donne”, conclude Shakiba, evidenziando la necessità di una mobilitazione collettiva contro l’oppressione.
In un Paese dove il progresso sembra un miraggio, la lotta delle donne afghane, e di coloro che le supportano, rappresenta non solo una battaglia per i diritti umani ma una questione di sopravvivenza e dignità. Il passaggio verso un Afghanistan libero e giusto passa attraverso l’ascolto e la difesa delle voci che rifiutano il silenzio imposto.